Asimmetrica come un brano jazz, così sorprendentemente intrigante e fuori dagli schemi. E' la My Antonia, creazione irriverente di Birra del Borgo che accomuna due stili diversi di fare birra, nasce così un Imperial Pilsner che strizza l'occhio agli amanti delle Ale.
Sei seduto lì che al primo sorso già ti entrato in testa il sax di Coltrain, quello che senti, non è l’indistinto vocìo del locale ma solo l’alternarsi di quelle note che si inseguono, il piccante del luppolo, il dolce miele del malto, trasportano il sound, sorsi di jazz, sorsi di piacere, e la notte, ah la notte è troppo piccola per noi…
Sei seduto lì che al primo sorso già ti entrato in testa il sax di Coltrain, quello che senti, non è l’indistinto vocìo del locale ma solo l’alternarsi di quelle note che si inseguono, il piccante del luppolo, il dolce miele del malto, trasportano il sound, sorsi di jazz, sorsi di piacere, e la notte, ah la notte è troppo piccola per noi…
Lungo la strada che mi separa dall'Open Baladin e per essere al passo con malto e luppoli, sfoglio distrattamente la ricca guida alla birra artigianale in Italia e mi accorgo che, il nostro paese, oltre ad essere terra di santi, poeti e navigatori è anche terra di birrai. Leggo che questo è un fenomeno che ormai conta quasi 300 birrifici artigianali, tra piccoli produttori e brewpub. Un mondo in fermento, è il caso di dire, e che pone grande attenzione alla qualità delle materie prime, al legame con il territorio, l'autarchia - ove possibile - alla sostenibilità delle produzioni nonché al lavoro sociale.
Via degli Specchi, varco la soglia dell’Open Baladin, e mi accorgo subito di essere entrato nel tempio della birra, quello dedicato ai veri cultori del luppolo. Dal menu ovviamente ho scelto lei. La My Antonia nasce dalla collaborazione tra Leonardo Di Vincenzo di Birra del Borgo e Sam Calagione della Dogfish Head. Una birra Italo-americana che unisce il meglio di queste due correnti brassicole, fra le più attive al mondo.
Questo libro spilla 265 indirizzi con dati aggiornatissimi e centinaia di etichette - tra cui birre d'eccellenza a livello mondiale prodotte dai microbirrifici italiani. Ma soprattutto racconta 50 storie d'amore, dalla prima "cotta" (che non si scorda mai).
Via degli Specchi, varco la soglia dell’Open Baladin, e mi accorgo subito di essere entrato nel tempio della birra, quello dedicato ai veri cultori del luppolo. Dal menu ovviamente ho scelto lei. La My Antonia nasce dalla collaborazione tra Leonardo Di Vincenzo di Birra del Borgo e Sam Calagione della Dogfish Head. Una birra Italo-americana che unisce il meglio di queste due correnti brassicole, fra le più attive al mondo.
Facendo qualche considerazione la My Antonia viene definita una "Imperial
Pilsner". Quindi il nome suggerisce due stili diversi tra loro. Generalmente per "Imperial" si definisce una "Stout" e quando
si parla di Imperial Stout ci si riferisce a birre che presentano un tenore
alcolico più alto delle normali birre scure. Per quanto riguarda il termine Pils, My Antonia arriva al 7,5% ca. e quindi non è tipicamente da Pils arrivare a queste gradazioni.
Si tratta poi di una birra a bassa fermentazione, quindi
appartiene alla stessa famiglia delle Pilsner, piuttosto che a quella delle
American Pale Ale, che sono prodotte mediante alta fermentazione.
Per la produzione di My Antonia vengono utilizzati malti
Pils e Cara Pils, che determinano aromi tipicamente dolci, e vari tipi di luppolo:
dal più tradizionale Saaz (responsabile degli aromi erbacei e utilizzato per le
classiche Bohemian Pils) ai più moderni Warrior e Simcoe. Ciò provoca anche
l'instaurarsi di sapori più speziati e agrumati tipici delle APA. Alla fine di
Pils risulta avere molto poco, a partire da: colore, torbidità e sentori
tropical/speziati.
Un sorprendente incontro tra Italia ed Usa quindi ha fatto nascere questa, che oserei definire, intrigante birra, estremamente profumata al naso, con note floreali e
resinose che si sposano armoniosamente. In bocca è esplosiva e allo
stesso tempo equilibratissima. Il mielato del malto e il pepato del
luppolo si fondono con un amaro finale netto, lunghissimo ed estremamente elegante.
Insomma, si tratta di una birra particolare e fuori dall'ordinario, e ripeto non banale, meravigliosa nella sua asimmetria, come un buon pezzo jazz.
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