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Storia della distillazione delle acquaviti

“Ciò che il cielo mostra si trova in terra. Il fuoco e l'acqua corrente sono contrari l'uno all'altro. 
Te felice se puoi riunirli. Ti basti sapere questo.”


È definito acquavite (o distillato) un qualsiasi prodotto alcoolico derivante dalla distillazione di miscele di origine vegetale fermentate, contenenti alcol a bassa gradazione, che vengono concentrate per ottenere alcool a più elevata gradazione. Le materie prime inizialmente distillate possono essere di vario tipo, ognuna delle quali dà origine ad un prodotto diverso; infatti esistono numerose qualità di acquaviti in tutto il mondo: il Brandy, il Cognac, l’Armagnac sono acqueviti di vino, la Vodka di patate, il Whisky di cereali, il Rhum di canna da zucchero, la Grappa di vinacce ecc.




L'antica arte della distillazione nasce in India intorno al 7000 a.C., sfruttando il principio della differente temperatura di ebollizione dei liquidi allo scopo di ottenere da fiori e piante principi con funzioni disinfettanti e taumaturgiche.

Dopo la diffusione in Cina, la pratica giunge sulle coste del Mediterraneo in Egitto, con le prime tracce databili intorno al 4000 a.C., per la produzione di sostanze destinate ai processi di mummificazione nonché di profumi e cosmetici.

La stessa parola “alcol” deriva dall'arabo al khol (o al khul), termine che indicava una polvere a base di antimonio usata come ombretto dagli antichi Egizi. Sono proprio gli Arabi ad aver perfezionato le tecniche di distillazione combinandole con gli studi alchemici.

Tra l'VIII e il IX secolo Jabir Ibn Hayyan crea l'al-anbiq, traslitterato poi in alambicco, l'apposito vaso da distillazione che gli alchimisti utilizzavano nei propri esperimenti per la ricerca della “quint'essenza”.

Il termine "acquavite" deriva dal latino aqua vitae (=acqua di vita) cioè acqua che ridà la vita, ma è curiosa anche un'altra derivazione etimologica accertata in manoscritti medievali secondo i quali il termine si rifà ad aqua vitis intendendo con vitis la forma a spirale del serpentino di refrigerazione dell'alambicco. 

Arnaldo di Villanova, il saggio di Montpellier, vissuto nel XIII secolo, nomina tra le altre cose un acqua vitae come panacea. Destinata inizialmente ad un utilizzo prettamente terapeutico, bisognò aspettare molto tempo prima che si cominciassero ad accettare le acquaviti così come erano, probabilmente perché, a causa della conoscenza imperfetta delle tecniche di distillazione erano state prodotte forme deleterie di vinum ardens (vino ardente) o acqua ardens (acquarzente) e soltanto a partire dal XVIII secolo il suo utilizzo come liquore si generalizzò, grazie, forse, ai progressi della distillazione e all'impiego di aromi che ne arricchirono il bouquet. Inizialmente il termine venne riservato all'alcol di vino, con gradazione inferiore ai 70°, ma successivamente si è ormai esteso a tutti i prodotti distillati, ottenuti a partire da liquidi fermentati. 

Il processo di distillazione avviene riscaldando in un grande alambicco la materia di partenza: il calore trasforma in vapore l’alcol, più volatile dell’acqua, il quale viene poi raffreddato, facendolo passare in una serpentina, e quindi condensato e raccolto sotto forma di liquido. Esistono due metodi: la “distillazione continua”, usata nel procedimento industriale, e quella “discontinua”, operata nelle lavorazioni artigianali e di pregio. 

L’acquavite è composta da acqua (per circa il 60%), alcol etilico, alcol metilico (1 ml per 100 ml di etilico), alcoli superiori, esteri, aldeidi e acidi; la gradazione alcolica minima è di 38°, ma il prodotto originale della distillazione è molto più alcolico: il tenore viene abbassato con l’aggiunta di acqua distillata. La maggior parte delle acquaviti richiede un invecchiamento in botte per qualche anno; con il legno, e attraverso il legno dei contenitori, avvengono delle modificazioni che attenuano il gusto aspro e forte delle acquaviti giovani, e permette loro di sviluppare l’aroma e il “bouquet” caratteristico di ogni acquavite. 

La durata di tale invecchiamento è rigidamente controllata e l’etichetta permette di venire a conoscenza dell’origine e dell’età dell’acquavite attraverso una simbologia, ora in stellette, ora in lettere, ora con menzioni particolari a seconda del tipo. 

In Francia vi sono sette acquaviti; il Cognac e l’Armagnac, ricavati da vini, che hanno preso il nome dalle regioni di produzione, il Calvados, ricavato dal sidro (mele), la Framboise ricavata dai lamponi, il Marc, ricavato dalle vinacce e il Quetsque e il Mirabelle ricavati dalle prugne. 

In Spagna c’è l’Aguardiente, in Portogallo l’Aguardente, entrambe ricavate dal vino. Sono acquaviti ricavati dal vino anche l’Ararat (armeno), il Kanyac (turco) e il Pisco (Perù, Cile, Argentina). In Italia, durante il regime fascista, che cercò di abolire le parole straniere, i termini di Brandy e Cognac furono temporaneamente sostituite con la parola  “arzente”.

ACQUAVITI DI VINACCE 
In Italia l’acquavite si ricava prevalentemente dalle vinacce, ed è chiamata Grappa, termine che viene attribuito soltanto al prodotto italiano. Questo distillato di vinacce in Francia prende il nome di Marc, in Portogallo di Bagaceira, in Germania di Tresterbrand e in Austria Schnaps. Se si tratta di uva fresca pigiata da poco, si chiamano “vinacce vergini”; se è uva pigiata e lasciata a contatto con il mosto, si chiamano “vinacce fermentate”. Le vinacce sono composte dalle bucce, dai vinaccioli, da parti di polpa e di mosto non spremuto, a volte dai graspi. Ogni grappa, presenta caratteristiche che derivano in primo luogo dai vitigni di provenienza, e quindi dal terreno in cui questi sono stati allevati, dal clima, dal grado di maturazione dei grappoli e dalle tecniche di vinificazione. Sono considerate migliori le vinacce umide, ricche di vino o di mosto e, quindi, cariche di zuccheri e di alcol.  La grappa è una bevanda alcolica profondamente legata alla tradizione italiana, un prodotto contadino fino a poco tempo fa, collegato alla visione più povera della campagna; non a caso si utilizza un prodotto che ha già subito una lavorazione. Ma, negli ultimi anni, la ricerca sulle acquaviti si è evoluta, sia per quanto riguarda i distillati di frutta, sempre più conosciuti e diffusi, sia per i distillati di vinacce; molti si sono orientati, infatti, verso l’utilizzo di un solo tipo di vitigno, dando così al prodotto finale caratteristiche molto particolari. Nella Grappa di monovitigno di Moscato o di Picolit, per esempio, sono nettamente rintracciabili gli elementi di tipicità che ognuna di queste uve possiede in partenza, mentre ne vengono esaltati la gentilezza e i profumi. Piemonte, Veneto, Trentino e Friuli sono le zone di maggiore produzione in Italia.

ACQUAVITI DI VINI 
Da molti anni anche in Italia si produce un’acquavite per distillazione dei vari vini, ottenendo un prodotto diverso dalla tradizionale acquavite di vinacce, che opportunamente invecchiato è chiamato Brandy in tutto il mondo. L’Italia ha dovuto abbandonare il vecchio termine “Cognac” usato nel passato, in seguito ad un accordo intercorso con la Francia, per evitare confusione con il prodotto francese, molto più antico e tipico della zona in cui si trova la cittadina di Cognac.

ACQUAVITI DI CEREALI
Sono derivate dai cereali il Whisky, la Vodka e il Gin, conosciute e ormai famose ormai in tutto il mondo, l’Irish whisky (Irlanda), lo Scotch whisky (Scozia), il Canadian whisky (Canada), il Bourbon whiskey (Stati Uniti), il Brannvin (Svezia), lo Steinhager e il Korn (Germania), il Borovicka (Est Europeo), lo Santohoo (dal miglio in Asia), mentre dal riso oltre al famoso Sake giapponese si ricavano il Choum (Cina), il Ka Pey (Macao) e il Sura (Sri Lanka). Dalla canna si ricava il Basi (Filippine), il Big Ben (Isole Mauritius), il Cachaca e il Pinga (Brasile), la Olla (Guatemala), e il più famoso Rhum; dalla patata il Black Deat (Islanda), dal cactus il Cocuj (Venezuela), dall’agave la Tequila, il Zotol e il Mezcal (Messico) e il Maji Kawn (Africa)

ACQUAVITI DI FRUTTA 
In altri Paesi del mondo le acquaviti da frutta, chiamate anche “acquaviti bianche”, sono molto più popolari di quelle derivate da uva; tra queste si possono ricordare: il Kirsch (ciliegie), il Kislav (cocomero in Russia) Mirabelle e Quetsche (susine francesi), Williams (pere), Slivovitz (prugne jugoslave) Batzi (mele in Svizzera), il Boukha o Boukhra (fichi in Turchia), il Brombergeist (more in Germania), il Buza (datteri in Egitto) ecc.

ACQUAVITE D’UVA
Nel 1984 le distillerie Nonino hanno messo a punto la prima “acquavite di uva”, un prodotto diverso dal brandy e dalla grappa, perché ottenuto dalla fermentazione degli acini d’uva, selezionati da un solo vitigno, senza raspo, pigiati e parzialmente fermentati, già conosciuta in Perù con il nome  di Pisco, e Lozovatcha nel Montenegro A questa bevanda, che ha ottenuto un grande successo anche in campo internazionale, per ora a è stato assegnato il nome di Acquavite d’uva. Infatti questa acquavite ha caratteristiche organolettiche decisamente superiori alla Grappa; grande ricchezza di aromi, una nota fruttata superiore e un sapore di notevole complessità. Un risultato logico, dal momento che per la grappa si utilizza uno scarto di lavorazione, mentre per l’acquavite di uva si utilizza una materia prima vergine.

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