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Il Brachetto D’Acqui "Tappo Raso"

In un'occasione di festa, con gli amici, per un dolce tête-à-tête, un calice di rosse bollicine. Il Brachetto D’Acqui…e tu con chi lo bevi?
Il “Vinum Acquense”, aromatico e dolce per natura, amato da Cleopatra ed immancabile compagno nel boccale di Gianduja





Per una notte di lussuria, se potessi, lo berrei con Cleopatra.

Si narra infatti che, all’epoca dell’Impero Romano, Giulio Cesare prima e Marco Antonio poi, facessero precedere il loro arrivo in Egitto alla corte della bella Cleopatra da otri di “Vinum Acquense”, apprezzatissimo dalla Regina per risvegliare gli ardori dei suoi leggendari amanti.

Per una serata in allegria, invece, lo berrei in un ballo in maschera, vestendo i panni di Gianduja.

Il Brachetto era infatti il vino amato e preferito, come vuole la tradizione popolare, da una delle più famose maschere italiane: Gianduja da Gioan d'laduja, Giovanni del boccale, che da questo rosso rubino, frizzante di spuma fragrante, traeva ispirazione per la sua sana allegria. Il personaggio in questione era circondato da una fama di gran bevitore, e il Brachetto era appunto il vino più adatto a riempire il suo inseparabile boccale e a soddisfare il suo raffinato palato.

Il “Vinum Acquense” era dolce per natura, vivace ed inebriante, proveniva dall'attuale Alto Monferrato. E soprattutto, gli si attribuiva potere afrodisiaco.

Un filo diretto che si snoda attraverso storia, territorio e comuni caratteristiche, collega e porta il “Vinum Acquense" all’attuale Brachetto, suo diretto discendente.

La sua origine però è piuttosto controversa. L'ipotesi più fondata sembra comunque essere quella che lo indica originario delle colline astigiane e del Monferrato, sebbene Demaria e Leardi a loro volta, nella Ampelografia della provincia di Alessandria (1875), sostengono che il Brachetto piemontese, profumato e aromatico, sarebbe originario di Nizza Marittima.

In età moderna, nel 1817, il naturalista Gallesio lo definisce “Vino Celebre” classificandolo vino da dessert che risultava alcolico e poco colorato, che invecchiando assumeva il sapore del Porto o del vino Xeres e riferisce che il Brachetto, dolce o spumante, era conosciuto e commercializzato con successo nei mercati dell’America Meridionale: da ciò si può dedurre che la produzione in quel periodo doveva essere di entità tutt’altro che trascurabile.

La prima definizione ufficiale è del 1922 a firma di Garino Canina, che ne fu il vero classificatore scientifico “ … Tra i vini di lusso il Brachetto appartiene alla categoria dei vini rossi dolci ed aromatici: è infatti un vino con profumo speciale, moderatamente alcolico e zuccherino, non molto colorito che per lo più si consuma spumeggiante o spumante …”

Tra le varie notizie che il Canina dava, una delle più interessanti riguarda il fatto che il Brachetto fosse diffuso in particolare nel circondario di Acqui e di Nizza Monferrato, indicando, però, una produzione per il mercato di soli 500 hl. L’avvento della filossera aveva, alla fine della prima guerra mondiale, devastato i vigneti.

I vignaioli, al momento di reimpiantarli, avevano privilegiato altri vitigni che assecondavano maggiormente le tendenze del mercato, a discapito di questa varietà che richiedeva attenzione e cure particolari. Inizia così il suo secondo sonno. Da cui si risveglierà negli anni Cinquanta, dalle colline del sud Piemonte dove la produzione continuava in piccole nicchie di estimatori, un produttore rispettoso della tradizione ma lungimirante quale Arturo Bersano di Nizza Monferrato, mise a punto un Brachetto Spumante elaborato in autoclave con metodo Martinotti/Charmat.

Da allora il Brachetto ha continuato il suo percorso di protagonista tra i grandi vini aromatici, tra i quali si distingue per le proprie particolarità e apprezzamento degli intenditori più raffinati.

Il profumo delicato e intenso del Brachetto si deve al contenuto zuccherino e ai notevoli composti aromatici assicurati all'uva dal clima pedemontano che sin dall'antichità rende le colline dove nasce, chiamate non a caso ‘le colline degli aromatici’, una zona di particolare vocazione vinicola. Questo territorio appartiene a 26 comuni, tra la provincia di Alessandria e la provincia di Asti, compresi tra Acqui Terme e Nizza Monferrato, nel Piemonte sud-orientale. 

L’Alto Monferrato ha un’orografia molto complessa che crea microclimi assai differenziati con un ruolo importante nella caratterizzazione dei vini aromatici, poiché essi dipendono da diversi fattori come l’altitudine dei vigneti, la loro esposizione, che ne determina un diverso assorbimento di luminosità e di calore, la vicinanza a un fiume che, in talune zone, provoca un ristagno delle nebbie autunnali e una maggiore umidità.

Il Brachetto d’Acqui è ottenuto al 100% dal vitigno Brachetto, che dà a questo vino bellissimi colori porpora o rubino con riflessi violacei. Il suo perlage è fine e persistente, è il vino della seduzione e della gioia, apprezzato in ogni occasione per i suoi profumi di frutta matura e di sensuale rosa bulgara, godibile senza paura di eccessi grazie al suo moderato tenore alcolico, inebriante e morbido. 

Il Brachetto d’Acqui docg spumante e tappo raso, si abbina perfettamente con il dolce e il salato. La versione spumante è ideale come aperitivo, long drink e negli happy hour. Certamente è con la frutta poco matura che in tutte le sue versioni (spumante e tappo raso) è veramente sorprendente, riuscendo ad esaltare il sapore delle fragole e delle pesche. Ideale abbinamento è sicuramente con il panettone e pandoro, dolci che presto avremo sulle nostre tavole. Ottimo poi con la frutta secca come noci, nocciole, mandorle, pistacchi, fichi o per uno spuntino di metà pomeriggio. Temperatura di degustazione: 10°-14° C. Consiglio di consumarlo dopo un anno al massimo due dalla vendemmia, per poterne apprezzare al meglio la fragranza del profumo e la freschezza, sue caratteristiche principali.

Ed è proprio attraverso queste caratteristiche che volevo proporvi questo piatto in abbinamento che per assonanza ne enfatizza i tratti espressivi.

Risotto al Brachetto d Acqui docg e petali di rosa

Ingredienti per 4 persone
  • gr 300 riso Carnaroli
  • nr.1/2 cipolla piccola
  • dl 4 Brachetto d’Acqui D.O.C.G.
  • lt.1 brodo vegetale
  • nr. 1 rosa
  • gr 60 burro
  • gr 40 Parmigiano Reggiano

Procedimento:

Tritare la cipolla ed imbiondirla in un tegame con 20gr. di burro. Unire il riso e tostare bene. Bagnare con il vino e far evaporare, proseguire la cottura aggiungendo gradualmente il brodo. Quando il risotto sarà quasi pronto unire metà dei petali di rosa tagliati sottilmente. Terminata la cottura mantecare fuori dal fuoco con il restante burro e parmigiano reggiano. Guarnire con i rimanenti petali di rosa.

L’uso in cucina dei fiori risale a migliaia di anni fa, dalla civiltà cinese a quella romana alla greca. Molte culture usano queste meraviglie della natura nelle loro ricette tradizionali, pensiamo ai fiori di zucca utilizzati da noi italiani o ai petali di rosa nelle preparazioni indiane.

Aggiungere fiori nei nostri piatti può essere un buon metodo per dare colore, sapore e fantasia. Alcuni sono speziati, altri erbacei, altri fragranti ecc.
Spesso vengono utilizzati in insalate, tè, come guarnizione soprattutto di dessert o nei cocktail, ma l’uso creativo non ha limiti. Alcune raccomandazioni importanti importante per l'utilizzo dei fiori in cucina sono:

a) mangia fiori che sai essere commestibili, nel dubbio consulta un libro specializzato a riguardo b) mangia fiori che hai coltivato tu stesso. Quelli che provengono dal fiorista sono trattati con agenti chimici e pesticidi, dopotutto sono venduti come ornamento per finire in un vaso non in un piatto c) non utilizzare fiori colti per strada o nei giardini pubblici. Anche questi molto probabilmente sono stati trattati con sostanze per noi tossiche d) mangia solo i petali: rimuovi pistilli e i gambi e) se soffri di allergie, utilizza i fiori in cucina gradualmente.

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