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Azienda Agricola Monte Dall'Ora


Alle porte di Verona, lungo la strada per Vinitaly, la sosta nella Cantina Monte Dall’Ora: la tradizione e l'impronta del territorio nel cuore della Valpolicella storica
La Valpolicella, questo singolare territorio a nord di Verona compreso tra il lago di Garda e i monti Lessini, viene generalmente rappresentato come una mano le cui dita sono disegnate dai cinque sistemi collinari che si sviluppano e si orientano verso sud verso l’abitato di Verona


di Francesco Cerini


Giovedì, 19 marzo 2015

In attesa dell’apertura del 49° Vinitaly oggi si visita la cantina di Monte Dall’Ora di Carlo Venturini e Alessandra Zantedeschi. Oltrepassiamo Verona, e ci i dirigiamo verso il “dito anulare” della mano immaginaria e raggiungiamo la collina di Castelrotto in prossimità di San Pietro in Cariano. Siamo al confine sud della Valpolicella Classica, all’inizio dell’ampio sistema collinare che disegna un anfiteatro naturale di rara suggestione.

Il logo ci racconta che questa azienda vuole identificarsi con la famiglia e le impronte delle mani di Carlo e Alessandra con quelle dei tre figli “sporche” di mosto indicano che in azienda collaborano tutti secondo le proprie possibilità.


L’ingresso senza cancello e l’anziano border collie che ti “aggredisce” con la palla in bocca per invitarti a giocare, ci lasciano intuire immediatamente il clima di tranquilla serenità che regna in azienda, e la conferma è il sorriso dolce, timido e discreto di Alessandra, la padrona di casa, che ci accoglie quasi scusandosi dell’assenza di Carlo, suo marito, impegnato in vigna e che ci raggiungerà tra poco.

Inizia con il giro in vigna il racconto appassionato di Alessandra

“Quando io e Carlo abbiamo scoperto Monte Dall’Ora è stato amore a prima vista. Abbiamo creato la nostra azienda e la nostra famiglia in questo luogo speciale, di grande tradizione, nel cuore della Valpolicella storica. Figli di contadini, ne abbiamo ereditato la tenacia per il lavoro e l’amore per la terra. La ristrutturazione degli antichi muri a secco, le “marogne”, che sostengono il terreno terrazzato, è stato un lavoro lungo e impegnativo, lo studio dei fossili e delle conchiglie pietrificate trovate tra la roccia che affiora, ha rappresentato per noi la testimonianza dell’evoluzione della terra e il nostro ritorno alle origini".

"Ci siamo trovati tra le mani questa terra selvatica, dove anni di abbandono, avevano lasciato crescere alberi e rovi. Abbiamo cercato di assecondare la vitalità di questo terreno ricco di humus e micro-organismi, impiantando le vecchie varietà di uve dimenticate e coltivandole nel rispetto del loro ciclo vitale”.

Nella vigna di cinque ettari i vitigni impiantati sono quelli tipici della zona: Corvina, Corvinone, Rondinella, Molinara, Oseleta. Nella nuova vigna, acquistata da poco nel comune di San Pietro, anche un po’ di Garganega con la quale Carlo ha voluto cimentarsi con il bianco “per capire cosa succede”. 

I terreni sono unici per la loro particolare composizione: calcare per i primi 15 metri molto morbido e poroso che permette alle radici delle viti di penetrare in profondità nel sottosuolo. Il posizionamento delle vigne è tale da essere raggiunto dalla ventilazione proveniente dal vicino lago di Garda che impedisce il formarsi delle muffe sulle uve in maturazione.
Dopo un tentativo di impianto Guyot, Carlo ha dovuto, per ragioni climatiche, tornare alle origini con la pergola veronese.

Il lavoro in vigna è certificato biologico ma da alcuni anni è stata intrapresa la strada dell'agricoltura biodinamica con la sperimentazione di prodotti naturali preparati in azienda con erbe essiccate, fermenti lattici e miscele solfo calciche.

Terminato il giro in vigna, si scende in cantina, scavata nella roccia calcarea sotto l’abitazione, lungo tutto il perimetro un corridoio d'aria per lo scolo dell'acqua piovana. L'umidità è sostenuta e la temperatura costante. Bella cantina con locali ampi e separati per le vasche d’acciaio, i tini tronco conici per le fermentazioni in legno e la bottaia con botti di 25 hl e barriques ed in fondo, un locale lasciato con roccia a vista per gli invecchiamenti “speciali”.

Alessandra continua nel suo racconto illustrandoci come l'uva per il Recioto e l'Amarone deve essere bellissima, i grappoli più spargoli e maturi vengono posti con cura in piccole casse da cinque sei chili che verranno collocate in fruttaio per il lungo appassimento invernale. Ma non quest’anno 2014 in cui l’uva non aveva, secondo loro, le caratteristiche adatte e quindi non è stato prodotto né Recioto né Amarone.

Per il Valpolicella l'uva viene raccolta in casse da venti chili e pigiata in giornata. Le fermentazioni sono spontanee e originate dai lieviti indigeni che sono presenti sulle bucce dell'uva, la fermentazione avviene in piccoli tini in acciaio per il Valpolicella e in legno per Amarone. 

Ovviamente non mancano gli assaggi dalla vasca e/o dalla botte ed ecco:

Garganega 2014: Carlo ha voluto cimentarsi col bianco vinificando alcuni filari che si è ritrovato nella nuova vigna di San Pietro. Un vino di un’acidità importante pronto per qualsiasi “esperimento”.

Camporenzo 2013: ancora “scontroso”, ma già escono i sentori di frutta rossa che e lo caratterizzeranno.

Amarone 2009: Quasi pronto per l’imbottigliamento. Grossa evoluzione nel bicchiere.

Ma è ora di salire in casa a degustare qualche vecchia annata. Salendo si passa accanto al fruttaio, dove durante i mesi invernali vengono lasciate ad 'appassire le uve destinate a produrre Amarone e Recioto.
Ci sono delle grandi finestre che permettono all'aria di circolare liberamente, non usiamo nessuna forzatura per accelerare l'appassimento e lasciamo le uve esposte ai naturali cambiamenti climatici propri di questa stagione. In questo modo l'uva arriva a calare circa del 40% a seconda dell'annata in maniera lenta e graduale, trasformandosi e concentrandosi, fino al momento della pigiatura. Quest’anno, come detto, è rimasto inutilizzato.

Bella la “sala degustazioni” con un finestrone che si affaccia sulla proprietà evidenziando un panorama esplicativo della bella esposizione, della cura dei terrazzamenti e, più in generale, dell’attenzione dedicata alla vigna. Sulla parete di fondo domina l’albero del tempo, il contributo tangibile delle forze giovani dell’azienda.

Nel frattempo arriva Carlo, Alessandra finalmente si rilassa ed inizia ad illustrare i vini dell’azienda, anzi, più correttamente direi della famiglia, e questo non prima di aver preparato uno spuntino a base di salumi e formaggi artigianali.

Tutti i vini sono prodotti con fermentazione spontanea, lieviti indigeni e particolare cura nella scelta delle uve che consente di tenere il livello di solforosa totale ben al di sotto dei 60 mg/.

Valpolicella Saseti 2011. Il vino base solo acciaio, semplice di facile beva, da bere a tutto pasto con bella freschezza e sapidità.

Valpolicella superiore Camporenzo 2011. Le uve raccolte nel vigneto Camporenzo fermentano per 10/12 giorni e il vino fa affinamento per 4 mesi in legno di piccola capacità di secondo/terzo passaggio. La nota eterea iniziale cede subito ad una leggera speziatura.

     
 Ripasso Saustò 2011. Uve provenienti dal vigneto di Castelrotto. Ottenuto con la tradizionale tecnica del Ripasso, che prevede la rifermentazione del Valpolicella classico sulle vinacce del Recioto/Amarone per circa 10gg. Bel colore rubino nel bicchiere è subito evidente l’alta gradazione alcolica. Leggero sentore di ciliegia sotto spirito. Palato all'altezza dell'olfatto. Molto persistente.

Amarone classico 2008. Uve provenienti dal vigneto di Castelrotto. Appassimento naturale, in fruttaio, per circa 4/5 mesi. Vinificazione in gennaio con macerazione a freddo per 10 giorni a cui segue una lenta fermentazione spontanea in tini di rovere da 10hl per circa 30gg Affinamento in botte grande di rovere di slavonia da 25 Hl per 48 mesi e in bottiglia per 12 mesi. Profumi di amarena sotto spirito, in bocca leggera astringenza e palato molto lungo.

Amarone Stropa 2007. Uve provenienti dal vigneto Castelrotto. Le viti vecchie di 50 anni vengono ancora coltivate col sistema della “vite maritata”, cioè filari di viti interrotte da alberi al alto fusto (gelsi, mandorli) che li sostengono. La legatura dei tralci e fatta ancora, come da tradizione, con il pollone del salice (stropa) molto più resistente e flessibile contro i forti venti invernali che percorrono questa collina. Al naso ricorda l’uva appassita, con sentori di ciliegia. In bocca è avvolgente, denso e complesso, di lunghissima persistenza. In fiera porteranno un 2001. Promessa mantenuta e apprezzatissima.

Recioto Sant’Ulderico 2010. Uve provenienti dal vigneto Castelrotto, con impianto a pergola veronese, raccolta nella prima decade di Ottobre, la selezione dei migliori grappoli vengono osti pin fruttaio ad appassire in modo naturale per circa 4 mesi. Criomacerazione e fermentazione spontanea con controllo della temperatura per circa 25/30gg. della massa. Affinamento in piccole botti di rovere francese per 12 mesi ed in bottiglia per 12 mesi. Al naso mora, marmellata, al palato una chiusura e lunghezza complessa che non lo rende per niente stucchevole. Attraverso il tannino ed una buona sapidità lascia una bella bocca asciutta.

 Una gran bella giornata trascorsa con persone stupende e vignaioli esemplari. Grazie di cuore!

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