Fusione dei piccoli Comuni. Danni collaterali all’Italia del vino
La proposta di legge crea scompiglio nelle denominazioni d’origine. Va bene aggregare servizi e funzioni, ma solo per rafforzare il "terroir”
Dal convegno di Scandiano (Re), dove si è parlato di Lambrusco e difesa dei vitigni italiani, l’allarme dell’Associazione Nazionale Città del Vino: “Salve le Dop, Doc e Docg con il nome della varietà d’uva, ma un nuovo pericolo incombe sui territori: l’obbligo d’accorpamento sotto i 5mila abitanti.
Un Barolo di Barolo (739 abitanti) o della “frazione” di Barolo? Un Morellino di Scansano (4.500 persone) o della “località” Scansano? E il Barbaresco (670 abitanti), il Greco di Tufo (934), l’Aleatico di Gradoli (1.479), i vini della Costa d’Amalfi con le sottozone – meglio sottofrazioni o circoscrizioni? – di Furore, Ravello e Tramonti? Nell’ordine: 837; 2.500 e 4.147 abitanti. E’ salva per ora Montalcino, che con 5.139 anime potrà conservare il titolo di Comune; finché la demografia lo consente.
Dalla Val d’Aosta alla Sicilia, passando per Aymavilles e Morgex (Ao) fino a Montevago (Ag) e in decine di altri paesi del vino, la proposta di legge per obbligare i Comuni sotto i 5mila abitanti a fondersi, presentata alla Commissione Affari istituzionali della Camera da 20 parlamentari Pd, rischia di creare molta confusione ed effetti collaterali sul sistema delle denominazioni d’origine italiana, già ricca di vini conosciuti per il nome del Comune in cui sono prodotti, e con riflessi negativi anche sull’enoturismo e sulla produzione, per aspetti d’etichettatura, promozione, etc.
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