Passa ai contenuti principali

Alta Langa, buona la "Prima". Parola d'ordine territorio per le alte bollicine piemontesi

In 650 tra ristoratori, enotecari e sommelier per la "Prima" dell'Alta Langa: il grande incontro a Grinzane Cavour con tutti i produttori e lo stato dell'arte di una denominazione in crescita.


Un debutto in società, un’occasione che promette di restare negli annali della denominazione: l’Alta Langa Docg diventa grande e per la prima volta decide di raccontarsi in un evento diretto in particolare ai ristoratori, agli enotecari, ai sommelier del Nord Ovest.


Per farlo, il Consorzio lo scorso lunedì, al Castello di Grinzane Cavour una “prima” dell’Alta Langa. Riuniti in una sola, grande degustazione, tutti i produttori con le loro cuvée. Le case storiche che hanno dato vita al progetto Alta Langa ormai tre decadi fa (Enrico Serafino, Fontanafredda, Gancia, Giulio Cocchi, Tosti, Banfi) ma anche i produttori che hanno unito le forze in questi anni contribuendo con il loro lavoro a strutturare sempre di più la denominazione (Avezza, Bera, Paolo Berutti, Brandini, Bretta Rossa, Colombo Cascina Pastori, Roberto Garbarino, Germano Ettore, Giribaldi, Pianbello).  E non sono mancate le novità: l’anteprima delle cuvée dei nuovi soci Contratto e Marcalberto.

Un’iniziativa evidentemente attesa e accolta con grande entusiasmo e partecipazione, che ha portato a Grinzane circa 650 addetti ai lavori da Piemonte, Lombardia, Liguria e Val d’Aosta per poter degustare più di 40 differenti cuvée tra bollicine bianche, rosate, riserve, grandi formati.

L’Alta Langa Docg esiste formalmente da 16 anni, ma storicamente da un secolo e mezzo. “Nasciamo come un gruppo di viticoltori e di case produttrici che stringono un patto per rivalutare uno dei vini più storici del Piemonte – ricorda il presidente del Consorzio Giulio Bava - e un territorio molto vocato e carico di fascino. La sfida era darsi le regole per fare grande il metodo classico piemontese, partendo dal territorio e dal metodo di produzione. Le capacità in vigna e in cantina erano consolidate ma mancava un indirizzo produttivo che desse riconoscibilità al vino e alla sua immagine. Si è partiti da un approfondito studio del territorio, dei terreni e delle esposizioni sperimentando una ventina di cloni di Pinot nero e Chardonnay sulle colline tra Monferrato e Langa. Una ricerca che ha portato a impiantare 40 ettari di vigneto e a produrre migliaia di ettolitri di vino e bottiglie per dieci anni, fino ad arrivare, nel 2002, ad avere le basi scientifiche per porre le regole di un disciplinare di produzione molto rigoroso”.

Il territorio scelto alla luce della sperimentazione si colloca a cavallo di tre province ed è rappresentato dalle colline al di sopra dei 250 metri. “Pur avendo terreni simili – precisa il presidente Bava - la zona esclude il territorio dei grandi Nebbioli dove le uve maturano molto per le caratteristiche dei vini base spumante”. Terreni principalmente calcarei, bianchi, poco argillosi, con esposizioni diverse a seconda delle altitudini. Una vigna di Alta Langa, finché è tale, può produrre solo Alta Langa e i suoi vini non possono essere riclassificati ad altre produzioni. I viticoltori quindi sono i primi a dover produrre qualità, altrimenti le uve perdono quasi tutto il loro valore.

L’uva è raccolta a mano in casse, per una resa che in cantina non raggiunge il 65 % in mosto. A differenza degli altri grandi territori degli spumanti di qualità, uno degli aspetti più importanti della denominazione è che non prevede una cuvée d’ingresso ma solo millesimati. Alta Langa è un vino di grande longevità, che si valorizza nel tempo e con l’affinamento sui lieviti. Per lo Champagne sono necessari 12 mesi di affinamento per le cuvée d’ingresso, 18 mesi sono richiesti per il Franciacorta: l’Alta Langa prevede, per le sue cuvée più giovani, minimo 30 mesi di affinamento. Gli enologi sono dunque impegnati a produrre una qualità tale che duri nel tempo perché non esiste paracadute per chi sbaglia. Anche per questo “l’Alta Langa è tutto buono!”, come ripete spesso Giulio Bava.

Bollicine che raccontano un territorio. Questo il senso espresso nel logo che il Consorzio presentato ufficialmente lunedì e sintetizza i valori distintivi del vino Alta Langa. Oggi più che mai il Consorzio sta riscoprendo quei valori primigeni e caricandoli di nuovi, pregnanti significati. Fin dai suoi esordi, Alta Langa è stato frutto di un accordo basato su un concetto fondamentale, la centralità del territorio: il terroir più adatto per la crescita delle uve migliori, la regione storica in cui è nato lo spumante italiano, la base di partenza per la promozione e la valorizzazione del vino.

Adesso questo primo punto di forza viene rinnovato nel "Patto con la Terra", il progetto di studio e ricerca che il Consorzio sta mettendo a punto con Piercarlo Grimaldi (Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo), per difendere le radici storiche e antropologiche delle alte terre di Langa. Un racconto che si snoda tra le bollicine fresche, sapide e longeve di un vino e allo stesso tempo un vino capace di mostrare la bellezza abbagliante della nostra collina alta. L'identità e l'impegno del Consorzio sono rappresentati nel segno grafico di questo logo.

“Il patto stipulato con la terra che impegna il Consorzio a custodire il territorio che i nostri antenati ci hanno consegnato con altruistico e generoso amore deve essere a fondamento di uno ereditato sviluppo antropico educato e civile che nel passato riconosce le ragioni logiche e affettive per progettare il futuro”. A dirlo è Piercarlo Grimaldi, Università degli Studi di Scienze Gastronomiche. “Occorre, dunque, impegnarsi a recuperare i gesti e le parole che ancora conservano la memoria attiva della tradizione – continua Grimaldi -. Si tratta di un lavoro di ricerca che deve riportare alla luce le forme e le pratiche del mondo contadino. I saperi di un passato che hanno sempre dialogato con la natura in un quadro di reciproco rispetto  tra terra e uomo. È questa l’eredità materiale e immateriale che il Consorzio vuole contribuire a raccogliere e conservare per testimoniare la profonda conoscenza di queste colline che oggi si presentano con due destini a volte contrapposti. La campagna delle terre basse ha conosciuto uno sviluppo che non sempre armonicamente si e integrato nel paesaggio, originando una traiettoria spazio-temporale che ha abbandonato la circolarità del tempo della tradizione, per rappresentarsi come un retta che non conosce più il saggio e mitologico tempo dell’eterno ritorno che, invece, si conserva sulle terre alte”.

“Quello piemontese è il primo metodo classico italiano – spiega Alessandro Picchi, presidente di Gancia -. Già dall’inizio dell'800, i conti di Sambuy, influenzati dalla vicinanza geografica con la Francia e con le sue produzioni vinicole, diedero inizio in Piemonte alla coltivazione di alcuni vitigni francesi - Pinot Nero e Chardonnay in particolare - per produrre vini spumanti sul modello di quelli della Champagne. Dopo gli studi di enologia, nel 1848 Carlo Gancia era partito per Reims con l’obiettivo di apprendere i segreti della produzione dello Champagne. Una volta rientrato a casa aveva avviato insieme al fratello Edoardo una piccola attività, dove aveva iniziato la produzione del primo spumante italiano utilizzando le tecniche di lavorazione del metodo “champenoise”. La produzione era iniziata con le uve moscato, tipiche della sua zona d'origine, e nel 1865 uscì lo “Spumante Italiano”, il primo Metodo Classico fermentato in bottiglia. Nel 1850, convinto che il suolo piemontese fosse ottimale per la coltivazione e la produzione di uve da spumante, Gancia iniziò un periodo di intenso lavoro e sperimentazione, coltivando Pinot Nero e Chardonnay soprattutto nella zona di Canelli: questa attività di ricerca, mirata alla selezione delle migliori uve per prodotti di prestigio, è stata la base e la spinta per la successiva sperimentazione della produzione di quella che oggi conosciamo come “Alta Langa Docg”. Presto arrivò anche il primo spumante Metodo Classico secco – da uve di Pinot nero e Chardonnay appunto – e il successo della Gancia”.

Dice l’assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte Giorgio Ferrero: "Rilanciare la storia e la tradizione dello spumante piemontese metodo classico, una tradizione sicuramente limitata nei numeri ma seria e significativa nella qualità, è uno dei grandi meriti del Consorzio Alta Langa. Oggi il Piemonte può vantare tra le sue eccellenze uno spumante che completa il ventaglio delle nostre ricchezze enologiche. Una impresa che è stata giocata con professionalità e passione dai vignaioli e dalle case spumantiere che ci hanno creduto e che ora cominciano a raccogliere i frutti meritati del loro lavoro”.

L’Alta Langa è un vino che non permette speculazioni né tantomeno numeri giganti: tutto parte dal vigneto, comanda il vigneto. Oggi i soci del Consorzio sono esattamente 100: 75 famiglie di viticoltori, 18 i produttori che già producono e vendono Alta Langa, altri sette che stanno per uscire con le loro cuvée entro un anno, per un totale di 25. Il vigneto cresce nelle superfici in modo regolato: 40 ettari originali provenienti dalla sperimentazione ai quali si sono aggiunti nel tempo nuovi impianti per arrivare al dato aggiornato a oggi di 217 ettari di vigneto suddiviso in 100 ettari in provincia di Asti, 100 in provincia di Cuneo e 17 in provincia di Alessandria. Sono il risultato di una crescita ordinata e condivisa; alcuni vigneti sono giovani e non sono ancora in produzione, tant’è che nella scorsa vendemmia (peraltro molto scarsa) sono stati prodotti 1.200.000 chilogrammi di uva, pari a 1.000.000 di bottiglie. Con i nuovi impianti in produzione e con quelli previsti nei prossimi due anni si avrà un vigneto totale di 350 ettari, pienamente produttivo in cinque anni.

Commenti

Post popolari in questo blog

Festival delle Scienze di Roma 2023 - Immaginari

Dal 18 al 23 aprile 2023 il Festival delle Scienze di Roma torna all’Auditorium Parco della Musica “Ennio Morricone” con la sua XVIII edizione. Incontri, conferenze, laboratori. Dal 18 - 23 aprile 2023. IMMAGINARI è il tema di questa edizione dedicata all’immaginazione, uno degli strumenti più potenti che ci permette di concepire opere d'arte, nuove tecnologie e ci consente di trovare soluzioni a problemi quotidiani. La scienza non sarebbe la stessa se non avessimo come alleata l’immaginazione per avviare ricerche e formulare ipotesi, interpretare dati e perseguire risultati migliori. Ed è dalle interazioni delle immaginazioni individuali che emergono gli immaginari condivisi che influenzano il modo in cui organizziamo le società. Oggi più che mai abbiamo bisogno di coltivare questi immaginari, per ripensare il presente e, soprattutto, plasmare possibili futuri. Da mercoledì 19 a sabato 22 aprile quattro incontri anche presso le Biblioteche di Roma, QUI IL PROGRAMMA . Prodotto dall

Lotta agli insetti alieni, Lycorma delicatula: un nuovo flagello della viticoltura mondiale. Uno studio indaga su comportamento e dispersione nell'ambiente

Uno nuovo studio statunitense per contrastare l'avanzata di un nascente insetto alieno candidato a diventare il nuovo flagello della viticoltura mondiale. Si tratta della Lycorma delicatula, un insetto dall'aspetto simile alla coccinella ma che a differenza di questa provoca danni consistenti ai vigneti. La Lanterna macchiata, così come viene chiamata dagli agricoltori, si è diffusa per la prima volta in Corea anche se originaria della Cina e ha già raggiunto, infestandoli, i vigneti della Pennsylvania. La lotta agli insetti alieni non permette soste, la ricerca si sta muovendo velocemente nel contrastare un nuovo flagello destinato a mettere sotto scacco la viticoltura mondiale. Si tratta della Lycorma delicatula, un insetto dall'aspetto simile alla coccinella, gli agricoltori la chiamano Lanterna macchiata, in inglese Spotted Lanternfly. Si è diffusa per la prima volta in Corea anche se è originaria della Cina. Nel 2014 ha raggiunto i vigneti della contea di Berks, in Pen

Musica e psicologia, cambia la percezione di consonanza e dissonanza: uno studio smentisce l'universalità del concetto di armonia di Pitagora

I risultati di una ricerca dell'Università di Cambridge, smentiscono l'universalità del concetto di armonia di Pitagora. Nascono apprezzamenti istintivi verso nuovi tipi di armonia. Lo studio pubblicato su Nature Communications. Un team di ricerca dell’Università di Cambridge, Princeton e del Max Planck Institute for Empirical Aesthetics, ha scoperto che nei normali contesti di ascolto, in realtà non preferiamo che gli accordi siano perfettamente all'interno dei rapporti matematici professati da Pitagora.  Il tono e l’accordatura degli strumenti musicali hanno il potere di manipolare la nostra percezione dell'armonia. I risultati dello studio ribaltano gli assunti di secoli di teoria musicale occidentale e incoraggiano una maggiore sperimentazione con strumenti provenienti da culture diverse. Secondo il filosofo greco Pitagora, la "consonanza" - una combinazione di note dal suono piacevole - è prodotta da relazioni speciali tra numeri semplici come 3 e 4. Rece