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Eventi vitivinicoltura. Dalle sfide dell'Italia enoica, alle rotte del vino globale, da come gestire un'impresa, all'analisi del Sistema Italia

Queste, ma non solo, sono state le tematiche calde con relativi interventi e case history che hanno contraddistinto VinoVip al Forte, manifestazione ammiraglia della storica rivista enologica Civiltà del bere che si è evidenziata per essere occasione di assaggi memorabili uniti a momenti di cultura. Un successo sopra le attese che mette in luce la Versilia come paladina della qualità. 




La sfida non era delle più facili per un evento di questa portata, e le attese davvero alte, ma i numeri e l'eco di commenti positivi parlano di un grande successo. Il 18 di giugno si è svolta a Forte dei Marmi la prima edizione di VinoVip al Forte, versione balneare dello storico summit di Cortina d’Ampezzo organizzato da Civiltà del bere. Da sottolineare che oltre 200 persone hanno partecipato al convegno "Wine and Money, prospettiva globale", di scena a Villa Bertelli; mentre la sera, a partire dalle 18, più di 600 ospiti hanno calcato il salone e il primo piano della celeberrima Capannina di Franceschi, dove si è tenuto il Grand tasting.

Come vi avevo accennato si è svolta l'interessante masterclass sulla riscoperta dei raspi in vinificazione, dove si è parlato, insieme ai produttori presenti, di cambiamenti climatici e annate calde, del rischio di banalizzare il frutto di alcuni vini con l’obiettivo di ritrovare una speciale complessità andata perduta. Il wine tasting tecnico dal titolo "La riscoperta dei raspi in vinificazione, vecchie e nuove esperienze a confronto per una loro corretta gestione" è stato condotto dal giornalista enogastronomico Aldo Fiordelli. Cinque produttori (più uno per voce di Fiordelli) stanno sperimentando vinificazioni a grappolo intero, seguendo una linea di pensiero che riporta alla tradizione. Si tratta di Silvano Brescianini di Pievalta (con il Verdicchio Riserva San Paolo), Martin Gojer di Weingut Pranzegg (con la Schiava Campill), Stefano Amerighi (con il Syrah di Cortona Apice), Tim Manning de Il Borghetto (con il Sangiovese Bilaccio), Fabio Alessandria di Burlotto per voce di Aldo Fiordelli (con il Barolo Monvigliero) e Salvo Foti de I Vigneri (con il suo Etna Rosso). Qual è il loro obiettivo? C'è chi ricerca leggerezza e succosità, chi vuole garantire equilibrio in fase di fermentazione e buona estrazione di tannino, chi lo fa per dare continuità alla tradizione, chi per rendere il Sangiovese più elegante, e anche chi sostiene gliel'abbia chiesto la propria uva.

Dopo l'inaugurazione, la mattinata si è aperta con il convegno "Wine & Money, prospettiva globale",  nel giardino d'inverno della Fondazione Villa Bertelli. I lavori sono stati introdotti dall'economista americano Mike Veseth, autore della newsletter settimanale The Wine Economist, che ha parlato del delicato rapporto tra vino e denaro. In un mondo che, volenti o nolenti (che si esporti o meno), vede il viticoltore contemporaneo immerso nel business globale, Veseth individua 4 tendenze in atto da seguire:

#1 Follow the money, cioè individuare i mercati in crescita come Usa e Cina, e mettere a punto azioni di penetrazione veloci e incisive.

#2 Premiumization, la propensione tra i consumatori (sopratutto statunitensi, nda) all'acquisto di prodotti di livello di prezzo superiore.

#3 Return to the brand, la predisposizione a voler produrre un marchio forte.

#4 The rise of identity wine brands, anche se la nascita di brand identitari non sempre porta alla creazione di prodotti di qualità.

A seguire gli interventi "di casa nostra" suddivisi in 4 tematiche.

1 - Le sfide dell'Italia enoica

Angelo Gaja, portando anche la sua esperienza personale negli Usa, ha parlato della difficoltà di far crescere il valore del prezzo medio al litro del vino italiano all'estero. Ancora oggi la chiave di volta risiede nel marketing, che vede investimenti insufficienti. Per concludere con l'auspicio della creazione di un nuovo evento a Milano (e poi itinerante) per trasmettere lo stile di vita e la cultura italiani a livello internazionale. Il prof. Attilio Scienza dell'Università di Milano ha esortato a capire il valore dell'innovazione, per poter affrontare le sfide più importanti per il mondo vitivinicolo: il cambiamento climatico e la sostenibilità. Per Giuseppe Tasca non bisogna demonizzare il denaro, e nella propria attività bisogna mettere anche la propria faccia, la cultura e un animo personale.

2 - Le rotte del vino globale

L'accurata analisi di Denis Pantini di Nomisma sull'export italiano negli ultimi 5 anni vede sempre più in crescita i vini spumanti, rispetto alle altre tipologie. Focus sulle dinamiche di 4 piazze interessanti per noi: Usa, Cina, Germania e Svezia. Marina Cvetic di Masciarelli ha parlato della sua esperienza positiva nei mercati dell'Est Europa, e del timore di approcciarsi a Paesi come la Cina, dove c'è poca tutela del Made in Italy. Nadia Zenato ha citato Usa e Russia, come piazze già conquistate, e la Cina tra le sue nuove frontiere.

3 - Imprese da gestire

Alcuni produttori hanno raccontato diversi modelli di gestione della propria azienda. Allegra Antinori ha illustrato il Trust, a cui l'azienda di famiglia si è affidata per tutelare la propria esistenza nel lungo periodo (fino a 90 anni). Elvira Bortolomiol ha portato l'esperienza di una realtà tutta al femminile (costituita da 4 sorelle), che investe sulla qualità del proprio prodotto all'insegna della sostenibilità. Massimo Ruggero di Siddùra è un ex costruttore che si è convertito alla vitivinicoltura in Gallura, dedicandosi a valorizzare la propria identità territoriale.

4 - Punti di forza, di debolezza, opportunità e rischi del Sistema Italia

Per Piero Mastroberardino (Federvini) le difficoltà del Sistema Italia sono strutturali. La dimensione è un fattore facilitatore dei conti in azienda; ma più si è piccoli, più si soffre. Il fatto che la maggior parte delle aziende italiane siano medio-piccole rende difficile, per esempio, ottenere finanziamenti, dotarsi di un management di alto livello o andare all'estero. Ernesto Abbona (Unione italiana vini) avverte un'esigenza di semplificazione, pur essendo consapevole che la realtà imprenditoriale italiana è anche legata al territorio e, quindi, diversificata. Le imprese private creano valore, così come le forme associative che le comprendono, come i Consorzi.

Il Premio Khail 2018 a Cesare Pillon

VinoVip è per noi l’occasione di ricordare il fondatore di Civiltà del bere: Pino Khail. Dal 2011, anno della sua scomparsa, abbiamo intitolato un Premio alla sua memoria. “Per aver raccontato il vino, nelle sue svariate sfaccettature, con competenza e scrittura raffinata, con ironia e precisione” il giornalista Cesare Pillon - storica firma del vino italiano - ha ricevuto il Premio Khail 2018.  “Collaboratore assiduo della rivista fondata da Pino Khail, con lui ha condiviso l’idea che l’impegno degli imprenditori vinicoli andasse massimamente valorizzato, considerata l’importanza del loro prodotto per la cultura e l’economia della nostra civiltà”, ha spiegato Alessandro Torcoli, direttore di Civiltà del bere, consegnando ieri la targa commemorativa a uno stupito e commosso Cesare Pillon, omaggiato dalla standing ovation dei 200 ospiti a Villa Bertelli.

La presentazione del Manuale di Conversazione Vinicola

Nel pomeriggio, il Giardino d’Inverno di Villa Bertelli ha ospitato anche la presentazione del libro “Manuale di Conversazione Vinicola”, l'ultima opera del giornalista Cesare Pillon. Come ha spiegato il direttore Alessandro Torcoli: “Abbiamo deciso di riunire i vocaboli dell’omonima rubrica, uscita su Civiltà del bere tra il 2007 e il 2013. In tutto 175 lemmi, elencati in ordine alfabetico, che raccontano il mondo del vino con precisione, ma anche fine ironia, che da sempre contraddistingue la scrittura del maestro Pillon”. Il dizionario, dalla A di “Abbigliamento”, ovvero packaging delle bottiglie” alla Z di “zuccheraggio”, ossia il dosaggio per le bollicine, spiega i termini chiave dell’enologia, rivelando i paradossi e le mode che hanno attraversato il settore. 

Il Grand Tasting della Capannina

Il gran finale di VinoVip al Forte non poteva che essere alla Capannina di Franceschi, tempio della musica in Versilia dal 1929, nonché set di famose pellicole cinematografiche come “Sapore di mare”. In assaggio oltre 150 etichette top di 53 grandi nomi dell’enologia nazionale, accanto a una selezione di challenger, le nuove sfide del vino italiano. Durante la serata sono state stappate poco meno di mille bottiglie, tra bollicine, bianchi e rossi fruttati, adatti anche alla stagione estiva. A fare la parte del leone, come c’era d’aspettarsi, è stata la Toscana, con 12 Cantine partecipanti, seguita a stretto giro dal Veneto, con 11 aziende, e dal Piemonte, con 5. Per i produttori la Versilia rappresenta a un mercato molto importante, soprattutto sul fronte della ristorazione, e VinoVip al Forte si è dimostrata un’ottima occasione di incontro e approfondimento anche sul piano commerciale.

A VinoVip al Forte erano presenti (nelle persone dei titolari o del management) alcune tra le aziende più blasonate d’Italia.

Di seguito la lista delle aziende:

Marchesi Antinori, Tenuta di Artimino, Guido Berlucchi, Bertani Domains, Bisol, Bortolomiol, Bottega, Castello di Querceto, Conte Vistarino, Famiglia Cotarella, Cleto Chiarli, Cuvage, Dievole, Domini Castellare di Castellina, Cantine Due Palme, Livio Felluga, Cantine Ferrari, Feudi di San Gregorio, Ambrogio e Giovanni Folonari, La Vis, Librandi, Marchesi di Barolo, Masciarelli, Masi Agricola, Mastroberardino, Mezzacorona, Pasqua, Petra, Pio Cesare, Planeta, Rocca delle Macìe, Ruggeri, Tenuta San Guido, Tenuta Santa Caterina, Santa Margherita Gruppo Vinicolo, Cantine Settesoli, Tasca d’Almerita, Tenuta di Trinoro/Passopisciaro, Tommasi Family Estates, Torre Rosazza, Umani Ronchi, Velenosi, Villa Matilde, Vite Colte, Zenato. I challenger: Eleva, La Viarte, Monteverro, Poggio Cagnano, PuntoZero, Siddura, Tenuta di Fiorano.

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